Si fa presto, oggi, a parlare di “macerati” ma la (triste) verità è che scovare vini “puliti” – ovvero, senza “puzze” – non è così scontato, nonostante il nuovo filone narrativo tenda – spesso e volentieri – a far passare come peculiarità quelli che, ad onor del vero, sono dei difetti.
Esatto, difetti.
Perché l’improvvisazione nel mondo vitivinicolo non dovrebbe essere contemplata, neppure come inizio di un percorso notoriamente basato sul “prova e riprova”.
E Daniele Drius ce ne ha data dimostrazione.
Non aveva sufficienti conoscenze – e lo dice, in tutta onestà – per cimentarsi nelle macerazioni, figuriamoci in quelle più spinte.
Così, schietto con sé stesso come con gli altri, decide di rivolgersi all’enologo Natale Favretto, che dopo una “visita didattica” da Josko Gravner, lo inizia alla biodinamica e al mondo dei macerati, partendo (insolitamente) dal Friulano.
Come nasce il Friulano Tradizion
Raccolto per ultimo, fa un breve appassimento sulla vite, sviluppando la cosiddetta “muffa nobile”: la botrite.
Successivamente, viene posto a macerare. Il processo si protrae finché il cappello di vinacce non “affonda”, in media 20-25 giorni.
La solforosa aggiunta è minima, parliamo di appena 25 mg/l di “libera” in bottiglia.
E’ uno di quei vini che oggi potrebbero avvalersi del titolo di “naturali”, ottenuto a partire da lieviti indigeni.
Ma il Friulano Tradizion di Simon di Brazzan non ha bisogno di etichette per “farsi notare” e neppure di sviolinate.
È un vino che “parla da sé e per sé” e lo fa in modo chiaro, comprensibile ed elegante.
La verticale del Friulano Tradizion, annata per annata
La prima annata, la 2008 - l’unica con una macerazione “breve”, di 6 giorni – è “oro liquido”. L’età inganna, anche in questo caso. Un portamento ritto e ancor pieno di vigore, che segue un boquet caldo e fitto, di zafferano, curcuma, zenzero candito e albicocche mature: pare di entrare, olfattivamente parlando, in un bazar di Marrakech.
Sono note ricorrenti anche sugli altri assaggi: l’impronta è facilmente riconoscibile.
E mentre l’annata 2010 risulta “un po’ stanca” – dopotutto, è stata un’annata tutt’altro che semplice – la 2012 preme sull’ “acceleratore”, con un sorso fresco, verticale e preciso, di fine sapidità.
Al naso, spuntano – in aggiunta alle precedenti – sfumature balsamiche, di menta e rosmarino, che aggiungono complessità - e profondità – al già intrigante profilo aromatico.
Sulla 2016 ed in particolare nella più recente 2018, invece, si può apprezzare una strepitosa corrispondenza naso-bocca, che offre un caleidoscopio di sensazioni, dove le componenti fruttata-floreale-balsamica-speziata risultano perfettamente integrate, per un sorso appagante e piacevolissimo, che non ha nulla a che vedere con la “pesantezza” di certi vini macerati.
E il varietale? Il varietale si sente, nonostante la macerazione comporti la “perdita” della nota gustativa più tipica del Friulano: la mandorla.
Tuttavia, non se ne sente la mancanza.
Un vino che parla da sé, per sé
Il Friulano Tradizion è un vino sui generis, che non necessita di spiegazioni: è la rappresentazione “fatta vino” dell’animo puro e sincero di Daniele.
È così, come lui. E a noi appassionati, la sua personalità piace davvero tanto.
Photo Credits: Federico Ruggeri Photographer
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